Tra libri che raccontano la città di Alba, le sue cose e soprattutto la realtà materiale della città ci sono sicuramente le opere di Fenoglio che con una perenne velata malinconia descrive le vicende del Partigiano Gionny, di Milton e di tutti coloro che in quegli hanno dovuto patire la fame e le difficoltà che una guerra porta.
Una delle tematiche pregnanti del periodo descritto è sicuramente il cibo e la sua assenza. più passi mostrano come gli abitanti aiutassero per quanto possibile i partigiani, ma che al tempo stesso, essendoci poche risorse, dovevano preoccuparsi anche del loro stesso sostentamento e siurezza
Questo concetto si evidenzia bene in un passo tratto da "I ventitré giorni della città di Alba":
"C’era un silenzio, tutte le
imposte chiuse in pieno pomeriggio, non c’era nemmeno il cane di guardia. Viene ad aprire un
vecchio dopo che io avevo bussato tre o quattro volte. Ma non m’ha mica aperto, ha slargato appena
la fessura della porta e mi ha guardato in faccia. Si capisce che io avevo una faccia un po’
sfisonomiata, ma non credo che fosse una faccia cattiva. Invece quel vecchio deve aver preso paura
della mia faccia e pian piano cercava di richiudere l’uscio e nel mentre mi diceva tutto di seguito:
«Io ai partigiani ho già dato un vitello, i salami di mezzo maiale, ho dato un quintale di nocciole per
far l’olio, e due damigiane di vino. Io non ho mai chiuso la porta in faccia ai partigiani e non gliela
chiuderò mai. Ma non mi piacciono i partigiani che girano da soli»"
Beppe Fenoglio, I ventitré giorni della città di Alba, Einaudi, 1952
Una delle tematiche pregnanti del periodo descritto è sicuramente il cibo e la sua assenza. più passi mostrano come gli abitanti aiutassero per quanto possibile i partigiani, ma che al tempo stesso, essendoci poche risorse, dovevano preoccuparsi anche del loro stesso sostentamento e siurezza
Questo concetto si evidenzia bene in un passo tratto da "I ventitré giorni della città di Alba":
"C’era un silenzio, tutte le
imposte chiuse in pieno pomeriggio, non c’era nemmeno il cane di guardia. Viene ad aprire un
vecchio dopo che io avevo bussato tre o quattro volte. Ma non m’ha mica aperto, ha slargato appena
la fessura della porta e mi ha guardato in faccia. Si capisce che io avevo una faccia un po’
sfisonomiata, ma non credo che fosse una faccia cattiva. Invece quel vecchio deve aver preso paura
della mia faccia e pian piano cercava di richiudere l’uscio e nel mentre mi diceva tutto di seguito:
«Io ai partigiani ho già dato un vitello, i salami di mezzo maiale, ho dato un quintale di nocciole per
far l’olio, e due damigiane di vino. Io non ho mai chiuso la porta in faccia ai partigiani e non gliela
chiuderò mai. Ma non mi piacciono i partigiani che girano da soli»"
Beppe Fenoglio, I ventitré giorni della città di Alba, Einaudi, 1952
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